Cesare e Cleopatra brindarono con lo spumante al loro giuramento d’amore
Gli antichi romani amavano le bollulae, non era il nettare degli dei ma era piacevolisssimo e forse anche meglio. Quando Cesare e Cleopatra fecero il loro giuramento, Cesare si presentò con una coppa d'oro colma e senza indugiare un istante vuotò il calice spumeggiante; poi bevvero gli altri notabili (Aen., I, 738-40).
Così ha scritto Virgilio (70-19 a.C.) in un passo abbastanza noto che dice:
"et ille impiger hausit, spumantem pateram et pleno se produit auro; post alii proceres"
Nella penisola italica la coltivazione della vite fu introdotta dai Greci già nel nell’età del bronzo e proprio per la straordinaria diffusione della coltura le terre colonizzate presero il nome di "Enotria tellus". La conquista di nuovi territori per Roma significava anche avere altre terre dove poter impiantare la vite di cui svilupparono le specie per renderle adatti ai luoghi ed ai climi, ma svilupparono anche le tecniche sia per la conservazione ai fini del commercio ma soprattutto per il consumo di una popolazione ricca e meno ricca, circa 260 litri di vino a testa.
Così accanto ai vini invecchiati, ai vini aromatizzati ed ai vini medicamentosi i romani inventarono i vini spumanti.
Lucano (39-65 d.C.) scrive che "indomitum Meroe cognes spumare Falernum" (l'indomito Falerno si spumantizzava mescolandolo con la Meroe). A quell'epoca si otteneva lo spumante di Falerno facendolo rifermentare mediante l'aggiunta di mosto di uve appassite di una varietà denominata Meroe, originaria dell'Etiopia.
Qualche anno dopo pure Plinio (Naturalis Historia, 77 d.C.) affermava che nel suo calice "c'è un vino che è veramente eccellente, l'aigleucos, naturalmente dolce con effervescenti presenze".
I Romani producevano poi il Potropum, un vino dolce e spumante ottenuto impedendo la fermentazione dei mosti con l’immersione dei vasi vinari nelle fredde acque dei pozzi. Si ha qui la conferma che i Romani conoscevano la tecnica della rifermentazione programmata per creare le bullulae degli spumanti.
Infatti, al tempo dei romani i vini spumanti venivano altresì denominati aigleucos ed acinatico. I primi erano prodotti partendo dal mosto tenuto dolce con aggiunta di miele e propoli, la cui fermentazione, creatrice delle bollicine, veniva impedita o meglio ritardata immergendo le anfore in acque fredde, al fine di avere il vino in ebollizione molto tempo dopo.
Dalle citazioni risulta quindi chiaro che lo spumante era già prodotto al tempo dei Romani. Certo non con le tecniche attuali, ma con la rifermentazione di vini dolci nei recipienti di allora (anfore di terracotta, ecc.) oppure con aggiunta di uva appassita o di mosto dolce a vini già fermentati.
Per individuare questi vini gli scrittori e storici romani usavano i terrmini spumans, spumescens, saliens, titillans, che indicano chiaramente la spuma e le bollicine.
di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 10/06/2015)
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