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Doni e biglietti nell’antica Roma

Doni e biglietti nell’antica Roma

L’imperatore Vespasiano durante le feste per le Martiae Kalendae era solito distribuire alle donne doni accompagnati da bigliettini che erano chiamati apophoreta e, probabilmente il poeta incaricato era Marziale, cliens dei Flavi da tempo, che ha lasciato addirittura una raccolta con questo nome.
Gli apophoreta come il nome greco ben spiega erano “cose da portar via”, infatti alla fine di un convivio era usanza distribuire dei regali accompagnati da un bigliettino agli ospiti; a volte questa consuetudine era lo spunto per un gioco, i doni venivano estratti a sorte e quindi le combinazioni che ne risultavano potevano anche essere buffe e divertenti.
Le liste di apophoreta e di xenia comprendevano ogni sorta di oggetti: salvadanai, ossicini per il gioco d'azzardo, scacchi, schiaccianoci, stuzzicadenti, stuzzicaorecchi, pettini, lumini, candelabri, palloni, berretti di pelo, corni di rinoceronte, sonagli, scacciamosche di pavone. Si racconta di Elagabalo che destinò come apophoreta dieci cammelli e dieci mosche, dieci libbre d'oro e dieci di piombo.
Spesso i doni erano accompagnati da bigliettini con dedica, in forma di distico – il distico era una strofa di due versi di eguale misura –, che presentava in forma leggera i pregi dell’oggetto.

Già nel I sec. a.C. si poteva ricevere in dono un libro e Marziale ha lasciato queste dediche:

"Per te questo tomone
Fiume: quindici libri di carmi
Contiene di Nasone"

Nasone è Ovidio, e i quindici libri sono quelli delle Metamorfosi.

"Per certuni non sono un poeta:
Ma per il mio libraio, che poeta!
"

distico che accompagnava la Farsalia di Lucano, uno dei grandi bestseller dell'epoca.
Non solo, ma il padrone di casa preparava dei doni anche per gli amici che soggiornavano nella sua casa, che si chiamavano xenia o "doni ospitali".
Gli xenia al tempo di Marziale divenne anche il termine con cui si indicava anche un genere pittorico, quello che oggi si chiama “natura morta”; in effetti erano doni che venivano solo mostrati nelle stanze destinate agli ospiti, sotto forma di affreschi con finte cornici raffiguranti selvaggina, frutta o verdura. Gli studiosi sono del parere che la designazione del genere pittorico con lo stesso nome dei doni da convivio abbia indotto il poeta a riunire i suoi versi nel libro intitolato appunto “Xenia” quasi a voler elevare i distici che gli consentivano di sopravvivere in un momento difficile della sua vita ad “ars scribendi”.

Normalmente gli apophoreta venivano distribuiti alla fine di un banchetto nelle case patrizie, ma tutti si scambiavano piccoli doni durante i Saturnalia, la festività da cui ha preso origine il Natale di oggi.
In età imperiale la consuetudine di rimandare a casa gli invitati con dei piccoli doni, fu allargata anche ad altri momenti di divertimento in cui era prioritario l’aspetto demagogico e clientelare: nei teatri, nei circhi e negli anfiteatri l’organizzatore dello spettacolo, detto editor, provvedeva alle missilia, ovvero la distribuzione di piccoli doni. Gli schiavi dell’editor, detti sparsores, dall’arena o dalla scena lanciavano i piccoli doni che erano diversi secondo il momento della giornata. Durante i ludus matutinus venivano lanciati fichi, noci, datteri, formaggio e pane; nella missilia pomeridiana i doni era galletti, uccelli, fagiani; potevano essere lanciate anche delle tessere – tesseras ligneas cum notis rerum - , alcune di queste (spintrie) davano diritto alle prestazioni in un lupanarae ma altre erano le marche per partecipare all’estrazione di una lotteria abbinata allo spettacolo.
In queste lotterie i premi potevano essere utensili, vestiti, stoffe ma anche beni preziosi come monili o vasellame d’argento e, se l’organizzatore dei giochi era ricco e munifico, si potevano anche vincere animali da tiro od anche fattorie. Nelle Historae Augustae è riportato che Gordiano I, in occasione di munera offerti per l’elezione ad edile, regalò al popolo gli oltre 1300 animali che aveva esibito in una silva, tra questi vi erano cervi, equini selvatici, ovini selvatici, struzzi, alci, cinghiali, camosci e daini.
Un dono particolare erano i ninnoli che venivano distribuiti nelle feste organizzate per l'arrivo del nuovo anno come le piccole foglie di lauro in ambra con l'iscrizione

ANNUM NOVUM FAUSTUM FELICEM

piccole meravigliose testimonianze trovate nella città romana di Aquileia.





di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.1 - 01/01/2021)