Il Tevere navigabile
L'ingegnere olandese Cornelio Meyer ebbe nel 1678 l'incarico dallo stato pontificio di “restituire a Roma la tralasciata arte di Navigatione del suo Tevere”. Alla fine del XVII secolo il Tevere che attraversava Roma era un corso d'acqua ingombro di molte cose; già prima di entrare nell'Urbe le sue sponde erano ornate da salici e pioppi che a tratti si ripresentano nel corso cittadino, ma sicuramente più problemi alla navigazione fluviale erano dati dalle vestigia dei ponti crollati oltre ai tanti mulini che usavano l'acqua del fiume come forza motrice.
Altri problemi alla navigazione venivano dall'innalzamento del letto del fiume causato in massima parte non dal trascinamento verso valle di detriti, quanto piuttosto dalla nefanda abitudine di gettare sistematicamente nel Tevere i rifiuti, le masserizie, i resti degli edifici crollati, il fango svuotato dalle cantine dopo le inondazioni. Di questa situazione si lamentava già Gregorio Magno che ben conosceva il problema essendo stato Prefetto dell'Urbe; l'abitudine forse era nata dalla strategia adottata da Belisario durante la guerra gotica di gettare “sozzure” nelle cloache e nel fiume così che i nemici non potevano servirsene per penetrare nella città.
Fu Leon Battista Alberti nel XV secolo a rilevare come sin dal Medioevo si era persa l'abitudine di pulire l'alveo del fiume ed anche la conoscenza delle tecniche che venivano usate, arrivando ad ipotizzare che si usasse un sistema di chiuse per cui, interrotto parzialmente il corso del fiume, si poteva procedere alla ripulitura ed alla rimozione di tutti gli ingombri.
Di come il Tevere fosse già navigabile al tempo dell'antica Roma è bene descritto in un Epigramma di Marziale:
Hinc septem dominos videre montis / et totam licet aestimare Romam / … /Fidenas veteres brevesque Rubras/…./ Hillinc Flaminiae Salariaque / gestator patet, essedo tacente, / ne blando rota sit molesta somno, / quem nec rumpere nauticum celeuma, / nec clamor valet helciariorum, / cum sit tam prope Milvius sacrumque / lapsae per Tiberim volent carinae…
Di qui si può godere la vista dei sette colli sovrani e abbracciare con lo sguardo l’intera Roma[…]l’antica Fidene e la piccola Rubra[…]di là si può scorgere il viandante che percorre la Via Flaminia e la Salaria senza udire il rumore della carrozza: così la ruota non disturba un dolce sonno che non riescono ad interrompere neppure il ritmo scandito ai marinai dal celeuste, né le grida dei bardotti, benché sia così vicino il Ponte Milvio e i navigli solchino velocemente il sacro Tevere.
In un certo senso fu proprio la navigabilità del Tevere che favorì la nascita di Roma; già i mercanti fenici risalivano il Tevere per raggiungere le città etrusche dell'entroterra e poi in tutta la vita di Roma antica rimase il fiume lungo il quale scendevano i prodotti alimentari delle ville rustiche oltre che i lapidei cavati dalle miniere e il legname per le costruzioni e per alimentare i calidarium delle terme.
Il primo amministratore di Roma che si preoccupò si emanare delle disposizioni per garantire la navigabilità del Tevere ma anche di poter contenere le inondazioni del Tevere, fu Augusto; all'epoca del suo secondo consolato pensò ad intervenire sul Tevere che all'epoca si era ostruito da detriti.
Anche a monte di Roma il Tevere era oggetto di particolari attenzioni, nella Historia Augusta si riporta la notizia dell'intervento di Augusto per un tratto di venti miglia a monte della città nell'area della piana della Marcigliana.
La navigabilità del Tevere continuò ad essere uno dei progetti delle amministrazioni di Roma anche nei secoli seguenti. Nel 1811 Napoleone firma un decreto della Divisione delle Belle Arti del Ministero dell'interno per il quale fu stanziato un milione e tra le diverse opere prevedeva anche la “navigabilità” del Tevere da Perugia a Roma.
Gli interventi per consentire la navigabilità del Tevere in alcuni casi furono veramente importanti, alcuni rimasero a livello di progetto come quello di Giulio Cesare che voleva tagliare l'ansa del Tevereche delimita il Campo di Marte, o quello che il Bramante predispose per Leone X e che non si fece perchè sarebbe costato “un milion d'oro”. Ancora proposte furono fatte per risolvere insieme i due problemi annosi del Tevere: le inondazioni che le sue piene provocavano e la difficoltà di navigazione di un corso che “serpeggiava” nel mezzo dell'Urbe.
di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 16/11/2020)