Tempio di Vesta
Al culto della Dea protettrice del fuoco domestico fu dedicato sin dai tempi arcaici un tempio posto su lato sud-est del Foro Romano. Al suo interno era custodito il fuoco sacro, affidato alla cura di sei vestali che dovevano vegliarlo affinché non si spegnesse mai.
Secondo la storia mitica di Roma il primo tempio fu costruito al tempo del re Numa Pompilio per onorare la divinità del fuoco ma anche per poter disporre sempre del fuoco. Vegliare il fuoco non solo aveva un valore simbolico ma anche una utilità infatti ancora nel VIII secolo il fuoco veniva ottenuto con il sistema dello sfregamento delle selci ed era quindi importante nell'economia di una comunità poter disporre in qualunque momento del fuoco.
La dea del fuoco domestico era una divinità arcaica, venerata già dal Latini e non aveva sembianze, il fuoco stesso era la sua rappresentazione. Secondo Plutarco (Num., VIII, 7-8), era stato proprio Numa Pompilio a proibire di venerare immagini in cui la divinità avesse l'aspetto umano o animale.
E' ancora il mito a raccontare che il sito per la costruzione del tempio fu scelto dal Re pacifico, come Ovidio nomina Numa Pompilio nei Fasti, per la sua vicinanza alla Regia e in quel tempo arcaico gli fu data la stessa forma delle capanne con il tetto di ...paglia e le pareti … intessute di flessibile vimine
. Tuttavia Festo suggerisce una spiegazione che rimanda ai simbolismi arcaici della cultura vedica: la forma circolare doveva riprendere la forma della Terra.
Ovidio nei Fasti così ricorda il Tempio:
Vesta eadem est et terra ...
… terra pilae similis nullo fulcimine nixa ...
Che non solo era solo rotondo come la Terra, ma come questa era anche sospeso nell'aria.
Sicuramente nei secoli il tempio fu più volte ricostruito sia perchè danneggiato da incendi ma anche in conseguenza di drammatici eventi bellici. Quando, dopo la disfatta del fiume Allia, fu chiaro che nulla poteva più fermare i Galli Senoni dall’invadere Roma, Il fuoco sacro di Roma, le sue sacerdotesse ed i pignora che erano custoditi nella cella ipogea del Tempio furono trasferiti nella città etrusca di Caere che posta più a nord lungo la costa tirrenica non richiamò la cupidigia degli invasori. Qui rimasero fino a quando più che Camillo, un sostanzioso riscatto liberò l’Urbe dalla presenza di Brenno e dei suoi che soddisfatti del loro bottino si ritirarono nei loro territori a nord.
Era il 390 a.C. e la Aedes Vestae, che i Galli avevano distrutto, fu ricostruita mantenendo la forma originaria di tempio monoptero, ovvero un solo ordine di colonne che sorreggevano una cupola, su un podio circolare; questa forma fu mantenuta anche nei successivi interventi di restauro resasi necessari nella sua lunga vita.
Anche nel 241 a.C.ci fu un terribile incendio a cui è legata la leggenda del gesto eroico del Pontefice Massimo Lucio Cecilio Metello che si gettò tra le fiamme per salvare gli oggetti sacri che vi erano custoditi. Per questo suo gesto egli subì dei gravi danni fisici che per alcuni storici erano ustioni sulle braccia e parte del corpo, per altri addirittura la cecità. L'episodio dl Cecilio Metello come è stato riportato dagli storici antichi consente di recuperare informazioni su quali fossero i pignora imperii custoditi nella aedes. Secondo Varrone egli altri che da lui ripresero il racconto, Cecilio Metello portòin salvo da fuoco l'insieme dei sacra, mentre altri come Cicerone ritenevano che avesse portato in salvo il Palladio troiano portato nel Latium da Enea.
La Aedes Vestae riusci poi a salvarsi dal grande incendio che investì la Via Sacra Summa nel 210 a.C. , secondo quanto riferisce Tito Livio, perché furono degli schiavi che si adoperarono per difenderla dalle fiamme.
Durante la guerra civile tra Silla ed i sostenitori dei populares guidati dal figlio di Caio Mario, la protezione del Tempio di Vesta era affidata al Pontifex Maximus, il venerando Quinto Scevola che venne ucciso nel peristilio del tempio su ordine del giovane Mario prima che le sue truppe abbandonassero Roma di fronte all'avanzante esercito di Silla. Ma fu proprio durante quei disordini che la aedes subì gravi danni tanto che poi Silla si occupò della sua ricostruzione.
Gli storici ritengono che nella aedes non ci fosse alcuna statua della dea anche se nelle monete era raffigurata come posta tra le colonne, mentre sembra che un simulacro della dea si trovasse in un'edicola posta nell'atrio della casa delle vestali. In molti conii di monete, forse per semplificazione, il signum della dea era raffigurato all'interno del tempio; nelle monete ancora dell'ultima età repubblicana tra le colonne della aedes è posta solo una sedia curule, simbolo del potere.
Ancora a quel tempo la Aedes Vestae non aveva signum perchè la tradizione al più gli assegnava la forma aniconica del betilo. Fu Augusto che volle dare un volto a Vesta e lo fece a partire dalla ricostruzione delle origini di Roma e dei romani come discendenti di Enea. Secondo il mito riscritto da Virgilio,era stato Enea che aveva portato a Roma il fuoco di Hestia, lo stesso che ardeva a Troia e che quindi poichè era antico e non si era estinto, poteva essere considerato eterno. Roma così finì con l'assimilare il culto di Hestia, la dea greca del focolare, al proprio culto di Vesta attraverso il mito. La dea ebbe così un volto.
Sebbene la divinità romana arcaica avesse delle radici diverse da quella greca, Vesta ed Hestia avevano comunque delle connotazioni che le rendevano assimilabili; tutte e due simboleggiavano il focolare domestico come fulcro non solo della domus privata ma anche del pagus prima e della civitas dopo, tutte e due si identificavano con il fuoco e per entrambe il palladium - indicava il luogo sacro del culto.
La Aedes Vestae e la vicina casa delle vestali furono poi completamente distrutte dal fuoco nell'incendio del 64 d.C. Per la sua importanza fu uno dei primi templi ad essere ricostruiti e Nerone fece realizzare un tempio esastilo assolutamente simile a quello dell'ultima età repubblicana.
Ancora dopo l'editto di Costantino il culto di Vesta era vivo e praticato a Roma. Secondo una leggenda il primo di ogni mese, alle calende sacre a Giunone, le vestali scendevano in un ambiente che si trovava al di sotto del tempio per dare da mangiare al serpente che qui custodivano e proteggevano; poiché l'editto aveva impedito di celebrare il rito alle calende, il serpente sparse la peste in città e Costantino chiese a Papa Silvestro, sommo sacerdote della nuova religione, di scendere nell'antro e debellare il mostro, in cambio lui si sarebbe convertito al cristianesimo Questa è una delle tante versioni della leggenda di Silvestro ed il Drago che però potrebbe essere il resoconto romanzato di un fatto reale.
Il tempio di Vesta venne chiuso nel 394 d.C. e per diretto intervento di Teodosio in visita a Roma dove aveva trovato che non era stato applicato il suo editto del 391 e molti templi non erano stati chiusi, in particolare nell'Aedes Vestae ancora si svolgevano i riti del culto. Teodosio intervenne e dopo 1150 anni il fuoco sacro venne spento.
Dopo la chiusura della aedes il culto di Vesta continuava e le vestali abitavano nella casa attigua, solo dopo l'irruzione dell'imperatrice Serena nei primi anni del V secolo, che si impadronì di quanto di prezioso vi era custodito, la Aedes Vestae fu chiusa ed abbandonata mentre l'annessa Casa delle Vestali poi impiegata per un circa mezzo secolo come hospitium per gli ufficiali imperiali di passaggio a Roma ...
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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.1 - 07/09/2020)
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