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Tempio di Minerva Medica

Tempio di Minerva Medica

Fino a tutto il XVIII secolo la grande sala decagona con la cupola di ben 25 metri di diametro che svetta tra Porta Esquilina e Porta Maggiore ha avuto molte e forse troppe fantasiose denominazioni, da Tempio di Gaio e Lucio Cesare a Tempio di Ercole Callaico, a Tempio di Minerva Medica. Il tempio fino al XVIII secolo veniva indicato con il toponimo popolare di “Le Galluzze” , denominazione che è corruzione di Callaico e quindi connesso alla presenza nelle vicinanze proprio di un tempio dedicato ad Ercole e di cui non sono stati trovati finora riscontri archeologici.
L'attribuzione come edificio dedicato a Minerva invece, risale ad una errata interpretazione di Pirro Ligorio che lo credeva il luogo dove era stata ritrovata una statua di “Minerva con dracone” in quanto ricadeva in una zona dove nei Regionari del IV secolo veniva indicata la presenza di un tempio dedicato appunto a Minerva nella sua attribuzione di dea protettrice della conoscenza medica. In realtà già nel XVI secolo non si conosceva il posto preciso dove si trovava questa statua di Minerva ai cui piedi era un serpente attorcigliato , l'animale sacro ed attributo iconografico tipico di Asclepio il dio della medicina; la statua fu detta di Minerva Medica ed ora si trova ai Musei Vaticani.
Quest'ultima denominazione è quella con cui la costruzione è stata indicata per più tempo e che la identifica ancora oggi sebbene ormai sia noto che si tratta in realtà di un ambiente del IV secolo d.C.
Almeno fino alla metà del secolo scorso, dopo aver verificato che non si trattava di un tempio, si credeva che appartenesse agli Horti Liciniani; questi Horti furono voluti dall'imperatore Licinio Gallieno che, secondo quello che raccontano gli storici, amava risiedere qui con tutta la corte. Si deve ad Antonio Nibby che, rigettata l'identificazione dell'edificio in base al ritrovamento della statua di Minerva e respinto l'appellativo datole di Medica solo perché ai suoi piedi aveva un serpente, l'animale che le era sacro, argomentato che la forma dodecagona non era propria di alcun tempio, cocnluse che non poteva trattarsi che di una sala della residenza di Licinio.
Questa residenza imperiale, chiamata Palatium Licinianum doveva essere molto vasta e si ritiene che l'Arco di Gallieno – in realtà arco della Porta Esquilina - ne fosse la porta di entrata; la superficie che questi horti andarono ad occupare in parte coincideva con quella di altri conosciuti nei secoli precedenti con altri nome, ovvero gli ex horti Calyclani a loro volta ritagliati dai precedenti horti Lolliani. Nella Vita Gallieni sono descritti questi horti di proprietà dell'imperatore dove si trovavano anche edifici termali e per ricevere:

Cum iret ad hortos nominis suis, omnia palatina officia sequebantur. Ibant et praefecti et magistri officiorum omnium adhibebanturque conviviis et natationibus lavabant simul cum principe.
La Sala decagona in questa interpretazione apparteneva ad un grandissimo ninfeo, ipotesi che Lanciani propose per la presenza di due grandi bacini (oggi rimossi)che si trovavano ai lati della costruzione; solo il ritrovamento di alcuni bolli laterizi datati al IV secolo ha reso evidente che l'edificio non poteva appartenere al Palatium Licinianum ma doveva appartenere ad un complesso successivo e questo poteva essere il settore privato del Sessorium Costantiniano. Quest'ultima ipotesi sembra doversi considerare la più attendibile anche se qualche perplessità deriva dal fatto che tra l'aula decagona e il complesso che ruota attorno alla grande aula rettangolare posta tra la Porta Maggiore e l'Anfiteatro Castrense, passa il tracciato della via Labicana.
L'appartenenza dell'edificio al Sessorium Costantiniano resta avvalorata proprio dai bolli laterizi che appartenevano al periodo di Massenzio e Costantino, e proprio il vincitore di Ponte Milvio qui realizzò la residenza imperiale dove soggiornò la madre, imperatrice Elena, nel periodo in cui visse a Roma in un arco di tempo che va dalla battaglia di Ponte Milvio sino alla celebrazione dei vicennalia.
Altro elemento che deve essere considerato è proprio l'architettura dell'edificio ad iniziare dall'insolita pianta decagona con numerosi annessi ed articolazioni a prevalenza curvilinea ( F. Guidobaldi, 1998), tipica del tardo-impero ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 03/01/2019)