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Tabernae deversoriae


Uno dei significati di taberna deversoria era “locanda”; con questo nome la indica Varrone nel suo De Re Rustica, ovvero come una taberna che si trovava lungo le strade che collegavano città e piccoli centri abitati e che veniva realizzata da un dominus fondi come attività da affiancare a quella agricola e che consisteva nell'offrire ai viaggiatori un luogo di sosta dove poter mangiare.
La taberna deversoria si trovava dunque lungo le vie che percorrevano i viandanti e poteva anche essere una sorta di albergo e molti sono invece i nomi con cui poteva essere indicata: taberna vianiaria, cauponia, hospitia stabularia. Quando Roma divenne capitale di un Impero cominciarono ad esserci delle tabernae deversoriae anche all'interno dell'Urbe. Nella città la taberna deversoria era chiaramente una sistemazione di tipo provvisorio, sebbene più o meno lunga, dove la vita era abbastanza scomoda per la mancanza di privacy e l'affollamento delle stanze dato sia dagli ospiti che dagli inservienti.
In effetti le tabernae deversoriae erano delle normali insulae ma in cui si affittavano non appartamenti ma stanze od anche i soli posti-letto. Infatti, poteva anche accadere che solo alcune stanze o alcuni piani dell'insula fossero destinati a questa attività che svolta a Roma diventava una vera e propria attività alla quale era destinato anche del personale. Ogni taberna deversoria aveva un deversitor che era un incaricato (institores) del dominus ed al quale era affidata la gestione dell'attività insieme ad una familia, composta di schiavi e di servi, e agli insularii anche questi servi ma con compiti di responsabilità come ad esempio il controllo dei fuochi e delle lampade che rappresentavano una delle più frequenti origini degli incendi.
Quale era l'organizzazione di una taberna deversoria e come si svolgeva la vita al suo interno la descrive Petronio nel suo Satyricon; gli ospiti potevano essere di passaggio come Eumolpo ed Encolpio che condividono la stanza con altri ma anche più stabili come una vecchia matrona ed un alius che pagano un affitto per occupare un cubiculum da soli.
Testimonianze sulla taberna deversoria ci sono in vari scritti di Cicerone che fornisce indicazioni su questo tipo di taberna instructa,intesa come luogo di un'attività che consisteva nell'erogazione di servizi di ospitalità per brevi ma anche più lunghi periodi. Cicerone ne parla nelle sue Epistole agli amici come di un investimento che al proprietario può anche rendere molto e di questi soggiorni temporanei dovrebbe averne fatto uso lui direttamente quando nel 48, dopo Farsalo, cercava di rientrare a Roma senza farsi riconoscere. Lui stesso poiché,oltre che abile oratore, era anche uno scaltro uomo d'affari finì per comperarne una per 30.000 sesterzi: la Taberna de Canuleio. La locanda di Cicerone mantenne lo stesso nome di chi l'aveva avviata che d'altra parte ormai da tempo non ne era più il proprietario visto che il venditore era stato un certo Vettienio. La taberna deversoria che comprò Cicerone era piuttosto piccola perché il prezzo pagato fa presupporre che fosse un'insula di soli tre piani, od anche che occupasse tre piani di un'insula più alta ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 28/10/2016)