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Righetto e Sgrullarella, eroi della Repubblica Romana


In ogni storia della Roma papalina si muove un personaggio irriverente e salace che è il popolo romano ed in ogni avvenimento ci sono popolani che hanno avuto un posto di tutto rispetto e forse più di ogni altro un posto nella storia se lo merita Righetto un “ragazzino” di dodici anni che divenne uno degli eroi di quel primo tentativo di liberare Roma dal potere temporale della chiesa che fu la Repubblica Romana.
Sulla cima del Gianicolo tra le statue di Anita e di Giuseppe Garibaldi, si può oggi vedere una statua di bronzo che rappresenta proprio Righetto e nella cui iscrizione si legge

A Righetto giovane trasteverino simbolo dei
ragazzi caduti in difesa della gloriosa
Repubblica Romana del 1849

Righetto era un ragazzo di Trastevere di soli dodici anni, di lui non si conosce il cognome perché come molti altri bambini dell’epoca viveva in strada, forse abbandonato o forse orfano; era comunque vivace e di buona volontà infatti si guadagnava da vivere effettuando consegne per conto di un fornaio di Trastevere, che gli dava in cambio quel poco che gli bastava per sfamarsi; la sua compagna inseparabile era una cagnetta che aveva chiamato Sgrullarella.
Arrivarono i giorni dell’assedio delle truppe francesi guidate da Oudinot a Roma. I cannoni battevano in breccia le mura gianicolensi e le bombe cadevano nel cuore della città, portando morte e distruzione. Il comportamento dei romani, però, era di una compostezza e di un coraggio incredibili. Scriveva Garibaldi ad Anita in una lettera del 21 giugno: "qui le donne e i ragazzi corrono addietro alle palle e bombe gareggiandone il possesso"; ma non era solo per coraggio che le donne ed i ragazzi gareggiavano nel raccogliere le bombe.
Le bombe venivano lanciate dai cannoni posti sui bastioni di quella che era stata la Fortezza dei Savelli sull’Aventino ed avevano un miccia abbastanza lunga da farle scoppiare qualche secondo dopo arrivate a terra; ben presto i difensori della Repubblica scoprirono che per poterle “disinnescare” era sufficiente gettarvi sopra uno straccio bagnato così che le miccie si spegnevano. Inoltre il Ministero della Guerra della neonata repubblica, a causa della carenza di armi e munizioni, dava una modesta ricompensa in denaro per chiunque avesse consegnato le bombe inesplose per poterle così riutilizzare; fu per questo motivo che molte donne e bambini correvano per prendere le palle di cannone appena toccavano terra.

Questi episodi sono stati raccontati con molti particolari dal garibaldino di origine svizzera Gustav von Hoffstetter nella sua “Storia della Repubblica Romana del 1849”:

... la nostra gente si diede a raccogliere le palle nemiche, e noi ne accatastammo tante nel quartiere generale da poterne fornire la nostra artiglieria in caso di bisogno ... L’intervallo medio tra la caduta e l’esplosione era di 10 o 12 secondi ... Non saprei a quale dei due motivi attribuire, se all’audacia o all’ignoranza del pericolo, il precipitarsi che faceva la nostra gente su una bomba, per soffocarla, allorché essa ardeva alcuni secondi più del solito. Molte bombe ci furono in tal modo portate, aventi la spoletta o ricacciata dentro, o strappata, o tagliata via. Per ognuna si pagava uno scudo.

Il più coraggioso e veloce in questa cattura delle bombe era proprio Righetto che anzi aveva organizzato un gruppo di coetanei per la raccolta; erano ormai 15 giorni che durava il cannoneggiamento dei francesi ed il 29 giugno Righetto si trovava con Sgrullarella alla Renella, la riva del Tevere all’altezza di Ponte Sisto quando arrivò una bomba su cui cercò di buttare subito lo straccio per spegnere la miccia ma questa era troppo corta e la bomba gli scoppiò tra le mani. Sgrullarella morì sul colpo, Righetto dilaniato fu curato per quanto possibile ed accolto in casa di una anziana signora caritatevole ma le sue condizioni erano disperate e morì tra grandi sofferenze qualche giorno dopo.
Nel 1851 un garibaldino, il conte Pompeo Litta, fece eseguire dallo scultore Giovanni Strazza una statua intotalata l’Audace dedicata a Righetto che espose nell’atrio del palazzo Litta di Milano, dove si trova ancora oggi.

La morte di Righetto indusse la Repubblica Romana e togliere la ricompensa (anche perché si erano verificati anche altri episodi); la fama di Righetto si era diffusa tra tutta la popolazione e divenne presto simbolo della lotta contro l’oppressore. Ma la Repubblica Romana fu cancellata dalle truppe francesi che ripresero Roma il 3 luglio del 1849: i morti accertati tra i difensori della Repubblica Romana furono 983 e tra essi anche Righetto.
Ma ci furono anche altri giovanissimi eroi come i 33 ragazzi del “Battaglione della Speranza”, adolescenti che difesero la Repubblica dai bastioni di Porta San Pancrazio e i tanti tamburini e porta ordini, tutti poco più che dodicenni.

Affinché il nostro esempio sia efficace, noi dobbiamo morire
(Luciano Manara- Lettera da Roma 1849)





di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 20/10/2015)




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