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I Re dimenticati

I Re dimenticati

La storia mitica di Roma ricorda che nel 753 a.C. Romulus, di origine latina, fondò la nuova città sul Palatino e ne fu re per oltre trenta anni, ma dallo studio delle testimonianze letterarie emerge una storia diversa.
Nelle ultime campagne di scavo nell'area del Foro Romano sono stati rinvenuti reperti ceramici che testimoniano come l'area già fosse abitata a partire dal XIV secolo a.C. quindi genti di origine latina si erano già stanziate nella valle dove scorreva il corso d'acqua che arrivava sino al grande fiume che scendeva dalle terre degli Etruschi sino al mare ed è pressoché certo che questi genti era organizzate in comunità – chiamati pagi – che avranno sicuramente avuto una guida, un capo e forse un re.
La storia leggendaria racconta solo di sette re che avrebbero governato Roma dal 753 a.C.. al 509 a.C. ovvero: Romolo, Numo Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo eppure già nel mito emergono discordanze ed allo stesso modo non si accordano le cronache degli storici, per finire ai reperti archeologici che raccontano un'altra storia. La storia mitica di Roma ha tramandato il nome di quattro re latini e tre etruschi eppure anche rimanendo nelle pieghe del mito subito compare il nome di un altro re: Tito Tazio,il capo supremo dei sabini che avrebbe condiviso il comando con Romolo per cinque anni fino alla sua morte. Tito Tazio fu assassinato per vendetta da alcuni abitanti di Laurentum i cui parenti erano stati assaliti ed uccisi da Sabini per rapinarli. Romolo rimase solo alla guida di Roma per altri trentadue anni.
Proprio questo lungo regno di Romolo, oltre tutti gli interrogativi sugli elementi di realtà della storia mitica del primo re di Roma, ha portato gli storici a ricercare altri “rex” nella lunga storia della città dai sette colli.
Gli elementi che fanno ritenere che la figura di Romolo appartenga solo al mito sono molteplici e tutti rivelano una matrice etrusca: il rito di fondazione, la fossa di fondazione, le insegne del potere ed anche il trionfo.
Sembrerebbe che Romolo sia stato inventato dagli etruschi per legittimare come di origine latina, valori, riti e consuetudini che furono invece portate a Roma da loro quando la città era ormai una realtà politica e sociale attiva da decenni se non da secoli.
Chi fu allora il primo re di Roma?
Il mito ricorda che i due gemelli erano stati concepiti ad Alba Longa, la città capitale del popolo latino e che poi venne distrutta dopa un secolo circa da Tullo Ostilio, il terzo re di Roma, figlio del generale Osto Ostilio che morì combattendo al fianco di Romolo contro i Sabini. Tito Livio arricchisce la storia leggendaria di altri particolari: nella guerra che era seguita al ratto della sabine mentre i romani si stavano difendendo sul Campidoglio, Osto Ostilio ingaggiò un duello con il sabino Mettio Curtio e rimase ucciso, per vendicarlo Romolo inseguì il comandante sabino giù dal colle e Mettio cercando scampo fini con l'impantanarsi nella palude che c'era dove sarebbe poi stato realizzati il Foro. Osto Ostilio era quindi a fianco di Romolo alla fondazione di Roma, non solo, un'altra versione della leggenda del Ratto delle Sabine racconta che fu lui a sposare Ersilia, colei che favorì l'unione dei due popoli. Se Romolo fu re solo nel mito, allora è probabile che il vero re sia stato proprio Osto Ostilio e fu lui che inseguì Mettio Curtio e poi regnò con Tito Tazio ed infine sarebbe sua la tomba al Lapis Niger che altre leggende attribuiscono ora a Romolo ora a Faustolo, il pastore che trovò la cesta dei gemelli ed altre volte proprio a lui.
Quello che appare probabile è che la città in quel stralcio di VIII secolo a.C. fosse ancora organizzata nell'unione delle tre tribù gentilizie dei Titiis, Ramnes e Luceres e che le stesse avessero ognuna una loro guida. La tribù dei Titiis rappresentava il clan delle genti di origine sabina, la seconda quelle di origine latina dei Ramnes ed infine la terza dei Luceres probabilmente composta da coloro che vivevano su due colli boscosi del Celio e dell'Aventino, probabilmente fuoriusciti delle comunità stanziate in riva destra del Tevere che sui due colli avevano trovato rifugio e che prese il proprio nome dai fuochi (luci) che segnalavano i loro pagi tra i boschi ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 20/05/2019)