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Il Colosseo e la profezia della fine del mondo


Nell’VIII secolo, in un monastero benedettino nel Sunderland, il monaco Beda il Venerabile poi Dottore della Chiesa cattolica, oltre a scrivere libri ecclesiastici, trattati scientifici e riordinare testi di autori latini classici, raccolse e riportò le storie e profezie del suo tempo in una “Collectanea” che riporta la seguente oscura profezia:

"Quamdiu stat Colysaeus stat Roma; quando cadet Colysaeus cadet Roma et mundus"
"Finché esisterà il Colosseo, esisterà Roma; quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma; ma quando cadrà Roma, anche il Mondo cadrà"

Beda il venerabile non era stato a Roma, né aveva visto il Colosseo e mai lo avrebbe visto, ciò che aveva riportato lo aveva trovato già scritto. Ma cosa c’era di vero in quello che aveva scritto e perché una mente illuminata come la sua, che già nell’VIII secolo affermava che “la Terra è rotonda come una palla da gioco”, aveva dato risonanza ad una simile profezia?
La profezia era sicuramente di tempi precedenti e si riferiva al colosso in quanto rappresentava la grandezza e la fortuna di Roma, che si confondeva con quella del mondo e dell’Eternità stessa (Cagè).
Nell’Alto Medioevo Roma era ridotta ad una piccola città e le sue risorse erano poche, così le sue rovine divennero delle splendide cave: i marmi vennero ridotti a calce, i mattoni smontati e riutilizzati ed il bronzo fuso; ma il grande colosso di bronzo vicino all’Anfiteatro Flavio che aveva rappresentato prima Nerone, poi Apollo, poi Adriano, poi ancora Apollo già non c’era più, probabilmente fuso secoli prima, ma ne erano rimaste delle parti: il volto, un piede e la sfera che Nerone-Apollo teneva nella mano, simbolo del mondo che il dio del sole illumina.

Ma nel Medioevo si perse anche la memoria di ciò che fosse la grande costruzione rotondeggiante che si trovava nella valle tra l’Esquilino, il Palatino ed il Celio, nei pressi del colosso. Il monumento viene nominato per la prima volta in una cronaca del 1061, ritrovata nell’Archivio di Santa Maria Nova, che lo definisce Amphiteatrum Colosei e quando viene descritto nei Mirabilia Urbis Romae – una guida per i pellegrini del medioevo – è il Templum Solis in cui si trovava il colosso di bronzo.
E’ da allora che l’Anfiteatro Flavio viene chiamato Colosseo; ma dal colosso non solo ha preso il nome ma ha anche ereditato la profezia che lega la sua caduta alla fine del mondo.
Ma per quale motivo il Colosseo è stato visto per lungo tempo come un luogo magico e misterioso?

A differenza di molti altri edifici dell’antica Roma non è stato interessato dalla trasformazione in un luogo di culto cristiano, come per esempio avvenne per il Pantheon (trasformato nella chiesa di S. Maria ad Martyres), il Tempio di Antonino e Faustina (che fu intitolato a S. Lorenzo), il Tempio della Pace (di cui una parte divenne Ss. Cosma e Damiano) e così via.
Il Colosseo ha mantenuto una sua aria antica e paganeggiante, che giustificò la nascita intorno ad esso di tutta una serie di leggende, che furono poi alimentate da credenze medievali e più tardi da episodi di stregoneria da Controriforma.
I fatti fondanti la profezia sono la caduta del Colosseo che determina la caduta di Roma e la caduta di Roma che determina la caduta del mondo realizzando il sillogismo:

Caduta del Colosseo > caduta di Roma
Caduta di Roma > caduta del mondo
Caduta del Colosseo > caduta del mondo

Già negli Oracoli Sibillini si trovava la profezia della caduta del mondo come conseguenza della caduta di Roma quando non fosse riuscita a difendere i suoi signa perdendo il favore degli dei; con la diffusione del cristianesimo ed il diffondersi di alcune eresie come il montanismo i cui seguaci predicavano la fine del mondo come punizione per una vita condotta nella luxuria e nella prepotenza, stigmatizzata come stile di vita della Roma pagana, del quale il Colosseo era il teatro per eccellenza, si ponevano le basi per l’altra profezia antitetica nel risultato per la quale la caduta del Colosseo era la conseguenza della caduta di Roma e del trionfo del cristianesimo. Anche uno dei primi filosofi cristiani, Tertulliano parlava della profezia della fine del mondo legata alla distruzione di Roma ed era forse più un auspicio che un monito duro ed intransigente di un aspro cristiano ortodosso della prima ora come lui.
Tuttavia una profezia prende forza solo se l’autorità della fonte è incontestabile ed è il Libro dell’Apocalisse che più di ogni altro testo la sostiene. Secondo molti studiosi, la donna ubriaca del sangue dei santi e dei cristiani morti per la fede in Gesù (Apoc. 17.6) è la personificazione delle persecuzioni di Nerone e di Domiziano contro i cristiani che, secondo la tradizione cristiana, avrebbero avuto il loro luogo elettivo nel Colosseo.
  La profezia riportata da Beda il Venerabile si ricollega così non tanto alla fine del mondo ma al Giudizio Universale, ed ancora una volta la nuova cultura cristiana ha metabolizzato il mondo antico facendo sua una profezia dei Libri Sibillini.





di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 2.0 - 02/03/2016)