Ponte Sublicio
Alla fine del VII secolo a.C. Il re Anco Marzio decise di far costruire un ponte che mettesse in comunicazione le due sponde del Tevere al fine di facilitare i commerci con le città che si trovavano in sponda destra del fiume ma soprattutto doveva migliorare le comunicazione con lo stagno di Ostia che, conquistato dal re, portava con il suo sale nuova ricchezza a Roma e che al tempo era raggiungibile con la Via Campana che correva appunto in riva destra del Tevere ed era la via d'alaggio dei carichi di sale.
Tito Livio così descrive la decisione del re (Ab Urbe condita, I,33,6)
... Ianiculum quoque adiectum ... ob commoditatem itineris ponte sublicio, tum primum in Tiberi facto, coniungi urbi placuit.
... decise di estendere il controllo anche sul Ianiculum ... per comodità fece costruire un ponte di legno, allora il primo fatto sul Tevere, per poterlo congiungere all'Urbe.
Questo ponte fu costruito con i tronchi di legno duro per i pali infissi sul fondo del fiume mentre che il camminamento fu realizzato con travi di legno non fissate di modo che in caso di un attacco dei nemici proveniente dalla riva destra, si potevano facilmente togliere le traverse di legno così da impedire l'avvicinamento alle mura della città. Proprio da queste traverse il ponte prese il suo nome, infatti in lingua osca il vocabolo sublica significa trave di legno.
Accanto a questa origine storica del ponte esiste nella storia mitica di Roma anche un'altra versione della sua costruzione: il ponte sarebbe esistito ancora al tempo degli Argei e crollato sarebbe stato ricostruito da Ercole quando arrivò al guado del fiume di ritorno dalla fatica di aver portato via le giovenche a Gerione.
Il ponte ebbe da subito una grande importanza per Roma ed divenne luoghi di riti come quello arcaico che si svolgeva il 16 maggio, ancora in età imperiale, alla fine delle Lemuria, le feste con cui si invitavano gli spiriti dei defunti inquieti ad allontanarsi dal mondo dei vivi.
Dalla domus publica o forse dalla Regia partiva una processione guidata dal Pontefice Massimo seguito dalla Flamina Dialis, la sacerdotessa di Giove, e da un corteo di Vestali che portavano 24 fantocci di vimini con mani e piedi legati, simulacri preparati nei Sacella Argea dei pagus delle quattro regioni della città di Romolo, che percorreva la via Sacra e, dopo aver attraversato il Foro Boario, terminava al ponte Sublicio; qui le vergini gettavano i fantocci uno dopo l'altro nell'acqua del fiume mentre la Flaminica, vestita a lutto assisteva insieme al Pontifex Maximus, agli altri pontefici ed alle più alte cariche dello stato. Il significato del rito era stato dimenticato già in età repubblicana ma si continuava a celebrarlo, probabilmente si trattava di un rito di purificazione ed i fantocci rappresentavano i capri espiatori dei pagi che componevano la comunità arcaica. Alcuni storici hanno avanzato l'ipotesi che il lancio dei fantocci, chiamati Argivi, avesse sostituito un'antica pratica per cui ogni pagus sacrificava un uomo per ottenere la protezione degli dei.
Proprio questo rito sottintende la realtà storica; il ponte venne costruito dagli abitanti dei pagi che dall'alto del Palatinus, del Capitolium e del Aventinus (?) controllavano il guado naturale a valle dell'Isola Tiberina per facilitare le comunicazioni tra il territorio etrusco in riva destra del fiume ed il territorio sabino e falisco in riva sinistra. Il periodo è quello della terza fase dell'età del ferro, corrispondente al VIII secolo a.C. anche se Tito Livio indica come anno della sua costruzione il 614 a.C.. Il ponte si trovava in prossimità della Porta Trigemina ed era attraversato ogni giorno da chi voleva percorrere l'antica Via Campana od avventurarsi nei territori controllati dagli Etruschi.
Le accortezze tecniche utilizzate per la costruzione del ponte furono decisive per la salvezza di Roma quando gli Etruschi guidati da Porsenna tentarono di conquistarla. La storia mitica, tramandata da Cornelio Nepote, racconta che il lucumone stava sostenendo il tentativo dei Tarquini di riprendere il potere a Roma e per questo, dopo il primo assalto in cui si era impadronito del Mons Janiculum, avanzando verso le mura di Roma mandò i suoi soldati a conquistare il ponte che attraversava il Tevere. Ma qui gli etruschi si scontrarono con il coraggio di un eroe romano, Orazio Coclite che da solo, posizionato sulla testa di ponte in riva destra, combatteva contro i nemici mentre alle sue spalle i soldati romani toglievano le traverse di legno ...
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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 10/01/2020)