Ottaviano, vendicatore di Cesare
Quando alle Idi di Marzo del 44 a.C. Giulio Cesare venne assassinato, il suo inconsapevole erede si trovava ad Apollonia con Marco Agrippa e Salvidieno Rufo presso l'acquartieramento delle legioni che si preparavano al conflitto ormai prossimo con i Parti.
Erano passati quasi dieci giorni dalla morte di Cesare quando Ottaviano ricevette una lettera da sua madre Azia che gli comunicava l'uccisione di Cesare; Velleio Patercolo riferisce che i suoi amici lo esortarono a prendere subito posizione marciando su Roma con le legioni che erano lì in Macedonia ma Ottaviano voleva sapere quale era l'atmosfera a Roma.
Ottaviano dovette sentirsi da subito l'erede del prozio e molto probabilmente era già a conoscenza delle sue intenzioni, certo appare che comunque dal primo momento egli assunse il ruolo di vindex necis Caesaris.
Secondo Appiano prima di muoversi voleva capire “se dell'attentato fosse responsabile tutto il Senato oppure i soli esecutori materiali, o se questi fossero già stati puniti dagli altri senatori o se costoro, invece, fossero loro complici, e se la plebe urbana fosse o meno dalla loro parte.”(BC, III, 9, 32)
Ad Apollonia non erano infatti giunte altre notizie, Ottaviano non sapeva che Antonio aveva “contrattato” con il Senato il riconoscimento degli Acta Cesaris con l'amnistia ai cesaricidi che mantennero anche le loro cariche di pretori, Bruto e Cassio, e di governatori, Decimo Bruto in Gallia, Tillio Cimbro in Bitinia e Treboniano in Gallia.
Ottaviano insieme ai suoi amici raggiunse l'Italia sbarcando nel piccolo porto di Lupiae ( Lecce) evitando Brindisi dove temeva di essere riconosciuto e per non dover manifestare subito la sua posizione. In quei giorni i messaggeri gli portarono le lettere della madre e del patrigno Lucio Filippo, la prima temendo per la sua vita gli consigliava prudenza mentre l'altro lo consigliava di non dedicarsi alla politica.
Ma Ottaviano, che era stato oggetto delle attenzioni del prozio il quale potrebbe averlo messo a parte delle sue intenzioni già dal tempo di Munda, si sentiva investito dell'eredità che Cesare gli aveva trasmesso e non pensò di estraniarsi dalla politica, ma mettendo in atto una strategia prudente richiese un incontro a Cicerone.
Il 19 aprile a Puteoli (Pozzuoli) nella villa di Azia di fronte la mare si svolsero i colloqui tra il console già anziano, e molto ascoltato dall'aristocrazia repubblicana, ed il giovanissimo Ottaviano di cui il primo ebbe a scrivere al suo amico Attico Mihi totu deditus
(mi è devotissimo) dimostrando una pericolosa superiorità che gli tolse la capacità di giudizio ma che comunque non fece mai venire meno la diffidenza verso Ottaviano che doveva secondo Cicerone aver condiviso in qualche modo la visione politica del padre adottivo.
Cicerone in occasione dell'incontro ebbe modo di vedere anche i primi sostenitori di Ottaviano, le schiere di clientes campani sollecitate da Salvidieno Rufo, che quem sui cesaris salutabant
, già lo salutavano come Cesare, e poichè attraversava territori in cui la gens julia aveva i suoi clientes, andavano aumentando durante il suo viaggio di avvicinamento a Roma.
Anche altri a Roma consideravano Ottaviano quasi inoffensivo. Bruto lo scherniva definendolo “puer”, mentre Attico alle parole di Cicerone rimase perplesso: il giovane erede di Cesare che colloquiava con gli avversari del padre adottivo mentre già aveva sostenitori personali e il popolo aveva iniziato ad acclamarlo.
Dai colloqui Cicerone capì che poteva profilarsi uno scontro tra Antonio, che a Roma aveva di fatto assunto il ruolo dei guida dei cesariani, ed Ottaviano che fece intendere la sua volontà di raccogliere l'eredità di Cesare ma l'anziano senatore capì che il giovane aveva il coraggio, l'audacia ed il supporto per rivendicare ad Antonio quanto gli spettava; per Cicerone il problema si riduceva a quali vantaggi poteva trarre la sua fazione da quel confronto ...
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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 01/10/2019)