Le ornatrici e le chiome delle imperatrici
Quando una fanciulla romana si sposava tutto quanto la riguardava doveva cambiare, soprattutto il suo aspetto esteriore doveva chiaramente indicare che era ormai una matrona e se i vestiti venivano completati dalla palla i suoi capelli non potevano più essere tenuti sciolti ma andavano raccolti sulla testa e coperti; almeno fu così durante il periodo repubblicano dove le donne sposate di tutte le classi sociali portavano i capelli raccolti semplicemente sulla nuca. Tutto cambiò quando l'opulenza seguita alle conquiste territoriali divenne sinonimo di potere dell'aristocrazia ma anche della classe mercantile: i capelli cominciarono ad essere acconciati secondo stili sempre più complessi e le ricche matrone avevano necessità di chi provvedesse giornalmente alla realizzazione di queste effimere creazioni artistiche, nella domus non poteva mancare una ornatrix.
Apuleio nelle Metamorfosi fornisce la misura dell'importanza che aveva per le donne romane la cura dei capelli, arrivando a sostenere che ... sì grande è l’attrattiva di una bella capigliatura, che una donna può ben sfoggiare oro, gemme, vesti preziose e tutta l’eleganza che vuole, ma se non dedicherà ogni cura ai suoi capelli, non potrà aver fama di donna elegante.
La scelta dell'acconciatura era considerata da alcune matrone talmente importante che come racconta Giovenale alcune avevano anche più schiave che riunite in consiglio decidevano quale fosse l'acconciatura più adatta alla giornata ed agli impegni; queste esperte erano capaci di realizzare vere e proprie architetture che dall'età augustea andarono via via diventando più complesse sino al tempo dei Severi.
Alla fine del II secolo d.C. per ottenere acconciatore tanto elaborate però non poteva bastare la chioma della matrona ed allora si doveva ricorrere a treccine posticci e se non addirittura a parrucche.
Molte sono state le donne di potere di cui si sa che ricorsero costantemente a posticci e parrucche, da Lucilla moglie di Lucio Vero a Crispina moglie di Commodo, a Manlia Scantilla moglie di Didio Giuliano.
Ma prima dell'acconciatura la matrona sceglieva quale era il colore che preferiva per i suoi capelli; fino al I secolo a.C. il colore preferito era il corvino ma dopo che Nerone, il quale amava molto il colore biondo, ebbe chiesto a Poppea di farsi bionda
, desiderio a cui la bellissima consorte accondiscese, tutte le aristocratiche romane decisero di seguire la nuova moda.
Publio Siro svela poi un altro motivo per cui le matrone romane preferivano mostrare chiome bionde:
… astute crines dum celantur, aetas indicantur.
… astutamente le chiome nascondevano, quello che l'età indicava.
Per ottenere il biondo venivano usate le misture preparate con gli ingredienti più diversi; Marziale racconta di erbe che venivano dalla Germania e spume dalla Gallia Belgica, mentre Plinio elenca le erbe provenienti dall'Egitto, le more, il lentisco e la lisimachia nonché dalla Grecia il callitrichon conosciuta anche con il nome di capillus Veneris. Queste misture dovevano essere applicate sui capelli e dopo, per ottenere un migliore risultato, sciacquate via con le acque del fiume Crati che come descrive Ovidio (Metamorphosis XV,5):
Crathis et huic Sybaris nostris conterminus arvis,
Electro similes faciunt auroque capillos.
Le acque del Crati, e di questo Sibari che lambisce le nostre terre,
rendono i capelli simili all'ambra ed all'oro.
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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 07/06/2019)