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Lo strano caso del Mausoleo di Tor di Quinto

Lo strano caso del Mausoleo di Tor di Quinto

Lungo la Via Nomentana all'altezza della Basilica di Santa Agnese nel mezzo delle carreggiate si erge un monumento funerario romano di età traianea che è completamente estraneo al luogo in cui si trova. Come lungo tutte le vie che uscivano da Roma anche lungo la Via Nomentana in età romana venivano tumulati i defunti e catacombe e musolei sono ancor oggi visibili e individuabili, ma quello di fronte a Sant'Agnese era stato eretto lungo la Via Flaminia, nel tratto dopo Porta del Popolo e Ponte Milvio, ed è protagonista di una storia emblematica della poca attenzione con cui nei primi anni di Roma Capitale d'Italia era considerato il patrimonio archeologico della città.
Fino all'annessione di Roma al Regno d'Italia, il Governo Pontificio aveva emanato vari editti per il controllo di polizia sulla conservazione di cose d’antichità e d’arte, particolarmente per quanto riguarda gli scavi archeologici e l’esportazione; nel 1820 il Cardinale Camerlengo Pacca emanò un editto considerato il primo documento organico per la protezione artistica e storica di tutti i manufatti d'arte sia antichi che moderni.
Al contrario di quanto avevano cercato di fare i Papi, nel nuovo Regno d'Italia dove con spirito laico si sostenevano i diritti della proprietà privata, i cittadini furono lasciati liberi di disporre di quanto rinvenuto nelle loro proprietà; solo nel giugno del 1902 venne promulgata una legge di tutela del patrimonio artistico nazionale.
A questa liberalizzazione della proprietà privata è da ascrivere la causa di quanto accadde ad un monumento funerario che potremmo definire orfano della sua ragione di esistere.
Nel pieno dei suoi diritti, nel dicembre del 1875, il proprietario della tenuta di Tor di Quinto poté autorizzare un certo signor Grilli a fare nella sua proprietà, degli scavi per quindici giorni al fine di trovare nel fondo delle antichità; qualunque cosa fosse stata trovata sarebbe stata prima descritta per poi poter fare divisioni eque tra il proprietario del fondo e chi aveva scavato.
Gli scavi iniziarono a gennaio e già dopo pochi giorni ad appena quattro metri di profondità vennero trovati molti massi in marmo parte ornati e parte semplici che furono subito riconosciuti come pertinenti ad un monumento funerario. Grilli nel corso del lavoro durato circa un anno recuperò capitelli, pezzi di bugnato, cornici intagliate e frammenti di bassorilievo con rosoni, fogliame ed uccelli; al termine del contratto, in accordo con il proprietario del terreno cedette tutto per Lire 7.000 al Cardinale camerlengo Camillo di Pietro, il quale a sua volta li cedette ad un contrammiraglio che li lasciò ammassati per venti anni in un terreno vicino a Porta del Popolo nell'attesa di farne qualcosa.
Nel 1895 i pezzi furono messi in vendita sul mercato antiquario romano e proposti al Museo Nazionale Romano ma il Direttore di allora, Felice Barnabei, non aveva fondi disponibili per l'acquisto e si limitò a segnalare l'opportunità al Sindaco di Roma, Principe Emanuele Ruspoli, di acquistarli e usarli per abbellire la passeggiata tra Porta del Popolo e Ponte Milvio che era appena stata finita. La proposta cadde nel vuoto ma l'esistenza dei pezzi, a suo tempo identificati come pertinenti ad un sepolcro a tamburo, era nota a Giacomo Boni a quel tempo ispettore della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti e spesso chiamato come consulente nel restauro di edifici storici o di pregio.
Per questa sua competenza il Ministro degli Esteri del Regno d'Italia, Alberto de Blanc, lo chiamò a ristrutturare il casino esistente in una proprietà lungo la Via Nomentana che aveva acquistato per 75.000 lire. La ristrutturazione avviata da Boni fu in realtà una completa trasformazione non solo dell'edificio ma anche del parco circostante nel quale Boni stesso propose al marchese di ricostruire il monumento romano del quale molti frammenti, tali da poterlo ricostruire quasi per intero, erano ancora presenti sul mercato antiquario romano, e ai quali nessuno sembrava essere interessato. A suo tempo Barnabei aveva stimato che i circa 50 blocchi di marmo fossero pertinenti ad un unico monumento funebre con una circonferenza di circa 15 metri di cui erano state ritrovate parti pertinenti alla base, al fregio ed alle cornici anche con bassorilievi scolpiti che ne fecero ipotizzare la datazione al II secolo d.C. ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 04/06/2020)




Bibliografia:

  • Giacomo Boni. Un monumento ricomposto sulla via Nomentana - Archivio storico dell'arte, Nuova serie, vol. III, 1897, fasc.1, pp.54-58
  • Lorenzo Quilici. Per la restituzione di un monumento della Flaminia: il sepolcro a tamburi gemini di Tor di Quinto - in Arte I,1965, p.88 ss.
  • G. Messineo. La via Flaminia da Porta del Popolo a Malborghetto, Roma , Via Flaminia - Archeologia, Ed. Quasar, Roma, 1991
  • Fabrizio Vistoli. La via Flaminia non più devia spinis et terra alte obruta. Due casi esemplari:gli horti di Ovidio e il mausoleo di Tor di Quinto. - Atti dell'incontro di Studio del 22 giugno 2009: La riscoperta della Via Flaminia – Ed. La Nuova Cultura 2010
  • Cinzia Palombi. Tesi di Dottorato: Le dinamiche insediative del territorio compreso tra la Via Flaminia e la Via Trionfale, dal Tevere al V Miglio, nella tarda antichità e nell'alto medioevo. - A.A. 2010-2011 Università La Sapienza, Roma.