La magia dei crepundia
L'infanzia dei bambini romani era allietata da tintinnabula e crepundia e mentre ai primi era assegnata solo una funzione ludica, i crepundia avevano anche dei rimandi magici.
I crepundia erano dei talismani che dovevano proteggere i bambini piccoli allo stesso modo della toga praetexta, l'indumento di lana bordato di una striscia di lana rossa che rappresentava il cerchio magico. Secondo la credenza questo bordo color rosso porpora aveva il potere di proteggere il piccolo romano da tutti gli influssi negativi.
Ogni nuovo nato in una famiglia romana, dopo essere stato riconosciuto dal padre nel dies nundinae ovvero nel giorno di Nundina, il nume a cui era affidata la protezione della casa e dei suoi abitanti, doveva essere sottoposto al rito di purificazione; durante questo rito di purificazione il neonato riceveva i crepundia, piccole miniature di oggetti che venivano appesi al collo con una catenella.
Al bambino purificato i genitori mettevano poi al collo un dischetto che poteva essere d'oro, di bronzo, di osso o di cuoio, detto bulla, che era simbolo dello status libero del bambino. La bulla, come i crepundia, era considerata un portafortuna e veniva indossata per tutta la fanciullezza. I crepundia dati al figlio dopo la lustratio, la cerimonia di purificazione del nuovo nato, erano anche simbolo del riconoscimento da parte del padre, tanto che tra gli schemi della commedia romana ricorre la storia del figlio ritrovato proprio per gli amuleti come nel Rudens di Plauto.
I crepiunda erano in effetti una collana composta da amuleti e la loro funzione era di distogliere l'attenzione dei poteri negativi dall'oggetto e dall'archetipo rappresentato che era parte della vita del bambino. Le forme erano le più diverse da rappresentazione di animali a persone, spesso erano oggetti che riproducevano gli arnesi che i familiari usavano nella vita quotidiana; nella sua commedia Plauto racconta di una piccola spada con il nome del padre tra i crepiunda del bimbo.
Ai crepiunda venivano riconosciute delle doti magiche legate alla loro forma, al loro numero ed al suono che emettevano. Una interpretazione del simbolismo legato ai crepiunda rimanda a tempi arcaici ed ai pettorali della civiltà villanoviana.
Gli amuleti che formavano la collana dovevano essere in numero dispari non solo perché Numero deus impare gaudet (il dio gioisce dei numeri dispari) ma, come spiega Plinio, perché i numeri dispari sono in tutto più efficaci come lo sono i giorni critici nei decorsi febbrili.
Le forme date agli amuleti erano quelle di talismani arcaici come il fallo e la manina, gli animali sacri agli dei protettori od anche di piccoli oggetti della vita quotidiana, dei giocattoli in miniatura che rappresentavano gli oggetti che il bambino avrebbe usato da adulto ed il contatto con le loro forme negli anni dell'infanzia era considerato educativo.
Altrettanto importanti erano anche le pietre con cui gli amuleti venivano realizzati.
Gli amuleti che formavano i crepiunda erano anche di materiali diversi, in genere erano di pietra il cui tipo era scelto in funzione di ciò che dovevano rappresentare; queste corrispondenze erano considerate magiche anche se non tutti ci credevano come Plinio che nella Naturalis Historia ironizzava su questa credenza che era arrivata a Roma dai lontani Magi persiani e che ebbe poi molta diffusione nel medioevo ed ancora alimenta in alcuni la convinzione del potere terapeutico delle pietre. Una delle pietre più usate era l'agata, vera e propria pietra della fortuna capace di proteggere dagli influssi negativi di chi vuole impedire di raggiungere gli obiettivi individuali; ancora oggi ai neonati si regalano ciondoli fatti con l'agata.
I crepundia potevano assumere anche dei significati particolari quando venivano utilizzati nei riti funebri dei bambini quando la morte veniva percepita come un evento innaturale, ingiusto ed anche pericoloso per i vivi ...
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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 12/11/2018)
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