Lorica imperii instrumentum
La forza e il carisma di un imperatore trovavano la loro più efficace rappresentazione nelle statue in cui indossano la lorica, ovvero la corazza dei generali sui campi di battaglia. A partire dalla metà del I secolo a.C si diffuse l'uso di diversi tipi di corazze che corrispondevano non solo al ruolo del dei militari ma anche al loro uso in campo o durante le parate e gli imperatori, le une e le altre, cominciarono a volerle con decorazioni che non solo dovevano esaltare il loro prestigio ma che dovevano rendere evidente i successi del programma politico. Anche Augusto ne fece la rappresentazione guerriera del suo programma politico.
La battaglia di Carre fu un momento doloroso per Roma che perse oltre 40.000 uomini in uno scontro politicamente inutile ma, soprattutto fu un onta che doveva essere cancellata se Augusto voleva che il suo popolo ed i suoi nemici lo riconoscessero come il princeps che si era fatto carico di essere il difensore e la guida di un impero.
Nel 20 a.C. Augusto andò in Siria a ristabilire la supremazia di Roma sulla regione ed a riprendersi i simboli dell’esercito di Roma e come ricorda Svetonio:
Parthi quoque et Armeniam vindicanti facile cesserunt et signa militaria, quae M. Crasso et M. Antonio ademerant.
Il recupero delle aquile delle legioni divenne il tema principale della lorica di Augusto, i personaggi delle scena centrale sono sicuramente il re dei Parti Fraate IV nell’atto di restituire l’aquila, mentre il personaggio che la riceve si ritiene possa essere un giovane Tiberio che effettivamente era presente alla restituzione o lo stesso Augusto, con ai piedi la lupa che simboleggia Roma. Ai lati sono rappresentate due donne, le personificazione delle provincie sotto il controllo di Roma: la donna a destra rappresenta le provincie a nord dell’impero, dalla Gallia alla Betica, mentre la donna a sinistra nell’atto di rinfoderare un gladio potrebbe rappresentare i popoli ellenistici divenuti clientes di Roma. Sulla sinistra di Augusto è rappresentato il dio Eros a cavallo di un delfino, entrambi cari a Venere la dea che nel mito era progenitrice della gens Iulia.
In basso è rappresentata la dea Tellus, simbolo della fertilità, con in mano la cornucopia ed i due gemelli che protegge, secondo un modello iconografico simile a quello rappresentato nel bassorilievo dell’Ara Pacis.
La statua loricata di Augusto, conosciuta anche come Augusto di Prima Porta - perché ritrovata nella Villa di Livia che si trova in quell'area -, è considerata il prototipo di tutte le statue degli imperatori fino al tardo impero. Lo stile è quello ellenistico ed infatti il modello rispetta i canoni Doriforo di Policleto (450 a.C. ca).
Altri imperatori al pari di Augusto decisero di fare delle decorazioni della loro lorica un manifesto politico, non ultimo Domiziano che nell’autunno del 92 quando iniziò la preparazione per la seconda campagna suebo-sarmatica decise di farsi fare una nuova corazza. alla quale il poeta Marziale (VII, 2) dedicò addirittura dei carmi:
Invia Sarmaticis domini lorica sagittis
Et Martis Getico tergore fida magis,
Quam vel Aetolae securam cuspidus ictus
Texuit innumeri lubricus unguis apri:
Felix sorte tua, sacrum cui tangere pectus
Fas erit et nostri menti calere dei.
Lorica del nostro signore, impenetrabile alle frecce dei Sarmati
Sicura più dello scudo di Marte
Come per resistere alle lance d’Etolia
Tessuta con innumrevoli e levigate unghie di cinghiale
Beata te che tocchi il suo petto
E ti riscaldi con gli affetti del nostro nume.
Nell'iconografia delle loricae degli imperatori ci sono alcuni elementi simbolici che ritornano, uno di queste è l'animale che è riconosciuto come una dei simboli di Roma: l'aquila. Le legioni romane avevano un'aquila come signum del loro onore ma era anche la forma che assumeva l'essenza dell'imperatore defunto quando durante il funus saliva all'Olimpo.
di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 10/10/2019)
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