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Le milizie non proprio Normanne di Roberto il Guiscardo


Durante il periodo degli scontri tra Papato ed Impero, nel confronto da papi ed anti-papi, Roma fu passata a ferro e fuoco e ci fu un incendio che durò ben tre giorni e distrusse tutta quanto c’era tra il Laterano e Campo Marzio.
L’anno è il 1084, Enrico IV è stato scomunicato per la seconda volta da Papa Gregorio VII che arriva a deporlo in un confronto senza esclusione di colpi e ritorsioni per cui Enrico IV convoca un’assemblea di vescovi fedeli che depone Gregorio e nomina l’antipapa Clemente III. Gregorio VII si chiude in Castel Sant’Angelo e chiede aiuto al re normanno di Napoli, Roberto il Guiscardo.
Durante il sacco di Roma del 1084 le truppe di Roberto il Guiscardo non erano solo Normanne ma anche musulmane e bizantine; erano le milizie mercenarie degli Altavilla che con grande abilità diplomatica riuscirono a catalizzare le forze guerriere presente in Sicilia e nell’Italia meridionale.
Ma non solo gli Altavilla, dopo la conquista della Sicilia, aprirono il loro esercito alle milizie musulmane a cui non chiesero di convertirsi al cristianesimo e al contrario, come racconta Eadamero, Ruggero I aveva espressamente vietato alle milizie musulmane del suo esercito di convertirsi al cristianesimo. Le milizie musulmane presentavano particolari vantaggi per gli Altavilla, dal momento che essi dipendevano completamente dal loro favore personale e, in caso di operazioni militari contro lo stato della Chiesa, non erano soggetti ad eventuali scomuniche da parte del pontefice.
Il 21 maggio, chiamato da Papa Gregorio VII asserragliato in Castel Sant’Angelo dopo che l’imperatore Enrico IV si è fatto incoronare dal suo anti-papa Clemente III, Roberto si presentò sotto le mura di Roma con un esercito di 36.000 uomini. Il suo esercito aveva percorso con facilità la via Appia e passate le mura aveva percorso la via che dal Laterano andava al Colosseo e poi lungo la Via Recta arrivò a Castel Sant’Angelo.
Arrivarono come dei liberatori ma gli scontri non furono poi così estenuanti perché le milizie tedesche di Enrico dopo essere rimaste a Roma per tutto l’inverno l’avevano in gran parte lasciata portando via tutto quanto era possibile; l’esercito liberatore si trovò davanti una città già depredata ed allora la rabbia indusse alla devastazione e alla violenza più truce.
I musulmani misero a ferro e fuoco Roma che bruciò dal Laterano a Campo Marzio; ciò che si era salvato con i visigoti ed i Vandali fu distrutto dall’esercito di Roberto. Le schiere che penetrarono quel giorno in Roma non avevano però in mente né papa né imperatore (il loro grido di battaglia era Guiscardo! Guiscardo!): saccheggiarono e distrussero tutto quello che trovarono: ancora vent'anni dopo Ildebrando di Tours parlava di Roma come “un deserto cosparso di rovine”.
Anche il Vaticano non si salvò ed anzi i Normanni presero anche il Tesoro di San Pietro portando via quanto era stato donato nei due secoli che erano passati dalla razzia del saraceni del 846.
Alcuni edifici erano in condizioni tali che si preferì ricoprirli e costruirvi sopra come accadde alla Chiesa di San Clemente.
I cavalieri di Roberto il Guiscardo erano più di 36.000, normanni e saraceni, entrarono da Porta San Lorenzo e procedendo dal Laterano scesero combattendo e danneggiando tutto ciò incontravano ma la loro furia si scatenò quando si accorsero che molto poco era rimasto a Roma dopo il passaggio delle soldataglie germaniche di Enrico IV .





di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 27/11/2016)