Gens Anicia: Imperatori e Papi, filosofi e santi
Il Celio è stato testimone silenzioso dei grandi cambiamenti di Roma dall'età arcaica all’Impero e poi del passaggio dalla Roma Pagana alla Roma Cristiana; sul Celio ha avuto a partire dal II sec. d.C. la propria domus la gens Anicia.
La storia della gens Anicia, ricchissima proprietaria di latifondi in Italia e nelle province, può aiutare a comprendere i grandi, ed a volte violenti, cambiamenti dello stato romano; la famiglia ha dato a Roma imperatori, consoli e prefetti, papi, vescovi e santi: Gregorovius ricorda che “... la famiglia senatoria degli Anicii ... era stata la prima ad abbracciare la fede cristiana”.
Gli Anicii giunsero a Roma da Praeneste ed il primo rappresentante della famiglia di cui si hanno notizie è Quinto Anicio Prenestino che fu nominato edile curule (magistrato) nel 304 a.C.; la prima carica veramente importante fu il consolato ottenuto da Lucio Anicio Gallo nel 160 a.C..
Anicio Gallo nel 168 a.C. quando era pretore, fu il conquistatore dell’Illiria dove con una campagna durata appena 30 giorni riuscì a sconfiggere prima per mare e poi per terra Genzio e i suoi Illiri; il Senato di Roma decretò il trionfo per Anicio cui prese parte il re vinto, Gezio con sua moglie ed i figli.
Gli Anicii, durante l’età dell’impero, rivestirono un ruolo di primissimo piano nelle vicende concitate che portarono alla caduta dell'Impero Romano di occidente ed all'affermazione del giurisdizione temporale del papato.
La scalata al potere degli Anicii iniziò con i figli di Anicia Faltonia Proba: prima Anicio Probino e Anicio Olibrio furono consoli insieme nel 395 d.C, erano giovanissimi ma la famiglia era così potente che controllava il Senato di Roma; fu poi la volta dell’altro fratello Anicio Petronio Probo che nel 406 fu prima questore e poi console con Arcadio. Il figlio di Probino, Petronio Massimo divenne questore di Roma nel 420 e consigliere di Valentiniano III ed essendo in disaccordo con Ezio non fu estraneo al suo assassinio.
Petronio Massimo non si fece scrupoli ad eliminare Valentiniano e proclamarsi imperatore nel 455; fu imperatore per 70 gg perché fu fatto assassinare dalla vedova di Valentiniano III che aveva voluto sposare. Nel 472 divenne imperatore Anicio Olibrio, - per alcuni figlio di Petronio Massimo che gli fece sposare Placidia, figlia di Valentiniano e comunque erede dei Teodosi – ma solo dopo 7 mesi morì di febbre.
Anche Boezio era della gens Anicia; filosofo, considerato uno dei fondatori della Scolastica, fu ucciso per volere di Teodosio di cui era avversario nella disputa sulla natura divina di Dio. La chiesa lo ha consacrato martire e santo.
Gli Anicii furono una delle prime gens patrizie romane che si convertì al cristianesimo e per questo continuarono ad avere un ruolo importante a Roma riuscendo ad avere ben tre papi: Papa Felice III, dal 483 al 492, che prima di divenire Papa si era sposato ed aveva avuto un figlio, Gordiano poi padre di un altro Papa, Agapito I, anche lui già sposato e padre di un altro Gordiano, padre di Gregorio Magno: una vera famiglia regale.
Altri esponenti di spicco della famiglia sono stati : S. Benedetto da Norcia, figlio di Giustiniano Probo, delle gens Anicia, console di Norcia; Anicia Giuliana, visse tutta la vita a Costantinopoli che divenne, grazie anche al suo mecenatismo, importante centro culturale e letterario; Anicia Faltonia Proba che convinse Alarico a non saccheggiare le chiese di S. Pietro e S. Paolo; Demetriade che condusse una vita ascetica e prese il velo, seguita dai grandi padri della chiesa come Sant'Agostino, che le dedicò un trattato sotto forma di lettera “Epistola ad Demetriam”; San Girolamo e Papa Leone I Magno che scrisse “Epistola ad Demetriam de vera humiltade” in cui sostenne la tesi di ricusazione del pelagismo.
Gli Anicii in Roma ebbero molte proprietà come quelle nella Regio Transtiberimn via Anicia, ed anche quella lungo la via Latina che ebbero dal demanio dopo che Anicia Faltonia Proba riuscì a salvare le basiliche cristiane. In questa villa visse Demetriade che la trasformò in una basilica cristiana dedicata a S. Stefano protomartire; rimase aperta al culto sino al XIII secolo, fu poi abbandonata perché era in campagna e non poteva essere protetta e se ne persero la tracce sino alla metà del XIX secolo. Durante lavori di scavo archeologico lungo la via Latina venne alla luce una camera ipogea di raffinata bellezza che fu chiamata tomba dei Valeri, oggi alcuni studiosi sono del parere che possa trattarsi della tomba degli Anicii in quanto la proprietà fu ceduta dal demanio imperpervenne agli Anicii nel IV secolo; si tratta di un sepolcro costruito nel 160 d.C. e certamente usato fino al V sec.; della parte in elevato restano alcune tracce mentre ben conservate sono le scale che conducono al vestibolo delle due camere ipogee. Delle lastre di marmo che decoravano gli ambienti restano solo le grappe di aggancio sui muri, ma sul soffitto un’elaborata decorazione in stucco bianco, articolata in 35 medaglioni e riquadri di dimensioni variabili, riveste le lunette e la volta a botte.
di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 02/08/2015)
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