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Ercole mito di tutti i popoli

Ercole mito di tutti i popoli

Il culto di Hercules era molto diffuso nei territori italici perché, a prescindere dalla civiltà da cui fu originato, la figura di Ercole aveva molteplici aspetti, da Dio della pastorizia a dio iatrico (curatore) a dio dei commerci e della navigazione finendo con il riassumere una molteplicità di “Ercoli provinciali” (rif. Maria Jaczynowska).
Ercole è l'eroe che nell'immaginario della civiltà occidentale rappresenta sin dai tempi arcaici, la forza ed il coraggio in opposizione al destino malevolo ed alle avversità del naturale e soprannaturale; le sue gesta furono cantate nei poemi omerici ma già prima erano raccontate in altri cicli anche più antichi, il ciclo troiano, il ciclo tebano ed anche il ciclo di Eracle; questi cicli rimandano ad altrettante prove che il mito racconta furono imposte ad Ercole, su suggerimento di Era, dal suo maestro Euristeo perché egli, semidio, potesse essere ammesso tra gli dei.
Ercole, per volontà di Giove, fu soggetto al potere di Euristeo e costretto ad obbedirgli in tutto. Egli consultò l’oracolo di Apollo e gli fu detto che doveva sottostare alla volontà di Euristeo per dodici anni, secondo gli ordini di Giove; e che, dopo aver compiute le famose fatiche, sarebbe assurto agli dèi.
Il mito greco racconta che Ercole è un semidio figlio di Zeus ed Alcmena, la moglie del re Anfitrione, di cui il re degli dei si era invaghito e con cui passò una notte d'amore durata tre giorni assumendo le sembianze del marito lontano. Anche la notte seguente Alcmena la passò con Anfitrione realmente tornato e ben presto scopri di attendere un figlio.
Alcmena partorì due gemelli, a cui nomi furono dati i nomi di Ificle ed Alceo, ma non si sapeva chi fosse il figlio di Zeus fino a quando i neonati corsero un grave pericolo per due serpenti che s'infilarono nella culla, mentre Ificle strillava spaventato, Alceo prese i serpenti uno per mano e li strangolò mostrando così chi era figlio di un Dio.
Alcmena ebbe allora paura della vendetta di Era e abbandonò il piccolo in una valletta ma Atena, la dea della giustizia e della conoscenza trovò il modo di salvarlo; invitò Era a passeggiare nella valle e visto il bambino così bello e vigoroso chiesa ad Era di allattarlo al suo seno. Alceo ci si attaccò con tanta forza che la dea per il dolore lo allontanò da sé; un getto di latte volò verso il cielo e divenne la Via Lattea; ormai il bimbo aveva acquisito il diritto di essere immortale ed avere Era come sua madre adottiva; il neonato cambiò così il suo nome da Alceo ad Eracle che significa Gloria di Era.
Nella sua giovinezza Eracle divenne campione in tutte le attività fisiche, con la sua possenza riusciva a dominare tutti ma era anche abile ed arguto, conosceva la filosofia e l'astronomia ma la sua irruenza fisica non riusciva a tenerlo lontano dai confronti anche violenti che comunque non era lui a causare, limitandosi a difendersi da chi lo aggrediva al solo scopo di dimostrare che era più forte. Non ancora uomo Eracle era già vittima della sua fama e così fu estromesso dalla vita con gli uomini che lo temevano perchè era diverso. Ma neanche gli dei lo volevano perchè sapevano che Era lo odiava ed allora la vita di Ercole fu un vero inferno: errante per le terre della Grecia si trovò a scontrarsi con l'invidia degli uomini, la ferocia delle bestie e il rancore di una dea che lo indusse con l'inganno a distruggere la sua stessa famiglia. Quando ormai consumato dalla forza cieca dei suoi impulsi Eracle si trovò solo, andò all'oracolo e la Pizia lo informò che suo padre voleva che si mettesse al servizio di Euristeo, il re di Tirinto per dodici anni.
Suo padre, Zeus aveva deciso che quel figlio così umano avrebbe avuto una possibilità di divenire immortale ma doveva meritarsi la vita eterna ed Euristeo fu il mezzo. Il re impose ad Eracle di superare delle prove giudicate impossibili per ogni mortale; le prove portarono Ercole ai quattro angoli del mondo conosciuto e ne legittimarono l'appartenenza ad ogni civiltà.
Eracle entra nella storia di Roma ancora prima che la città venga fondata da Romolo; egli non è ancora un Dio perché non ha ancora completato le sue fatiche ma costruisce un santuario a sé stesso per quando diventerà Dio ed addirittura stabilisce delle decime, che devono essere pagate dai mercanti che hanno i loro affari presso l'approdo naturale del Tevere presso l'Isola Tiberina. Ercole affida la cura dell'Ara Massima ai Potizii ed ai Pinarii che avevano assistito alla sua consacrazione; a loro spetterà almeno fino al IV sec. a.C. la celebrazione dei riti in onore di Ercole e la commemorazione delle sue gesta ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 30/01/2020)