Domus Aurea
Dopo l’incendio del 64 d.C., Nerone volle costruire il palazzo più bello che ci fosse mai stato a Roma e che sarebbe stato un posto delle meraviglie. Voleva che tutto fosse stupefacente a cominciare dalle dimensioni e nel suo nuovo piano regolatore per Roma individuò un’area di circa 220 ettari per la sua nuova residenza.
L’area di cui disponeva Nerone era già tutta di proprietà del demanio imperiale; il Palatino era dal tempo di Augusto di proprietà imperiale, l’area dell’Equilino in cui si trovavano gli horti di Mecenate era stata ereditata da Augusto e a questa si erano aggiunta l'area degli Horti Lamiani al tempo di Tiberio. La zona della Via Sacra e della Valle del Colosseo che univa i due colli era già in parte occupata dalla domus transitoria e poi in quella stessa collina c'era la domus dei Domitii che Nerone aveva ereditato dal padre Domizio Enobarbo. Non osò neanche arrivare sulla cima del Fagutale dove era il Tempio di Sancus e verso est anche le costruzione alle Carinae non furono toccate come ad esempio la domus Rostrata di Pompeo che era ancora proprietà del demanio al tempo di Traiano che la vendette per finanziare la campagna in Dacia.
Queste informazioni fanno capire come Nerone non avesse bisogno di alcun incendio per costruire il suo nuovo palazzo, l’incendio gli consenti piuttosto di realizzare un complesso omogeneo e se qualche terreno fu espropriato, l’entità fu sicuramente minima. Ed erano soprattutto edifici che si trovavano nella Suburra la zona popolare dove neanche Augusto, quando volle realizzare il Forum Augusti, era riuscito ad acquisire dei terreni finendo con costruirvi un muro davanti per non vederla. Una parte dell'area era ancora proprietà pubblica come la depressione dove andrà a costruire lo stagnum, mentre l'altura del Celio che fronteggiava il Palatino e s'incuneava nella depressione in cui scorrevano le acque che scendevano dal colle Esquilino, era il luogo dove sua madre Agrippina aveva fatto costruire il grande tempio per il patrigno Divus Claudius.
A ben vedere fu più la grandiosità del progetto di Nerone che dovette urtare il popolo ed i senatori piuttosto che l'offesa per la prepotenza subita di aver sottratto ai cittadini di Roma l'area lungo la Via Sacra Summa sino al limitare del Foro, riservando all'imperatore anche gli spazi sacri della religione arcaica.
Nerone dopo il grande incendio fece portare via molti carichi delle macerie che furono riversate negli stagni di Ostia, ma una parte consistente fu distribuita a ricoprire quanto era talmente danneggiato da non essere più recuperabile; alla fine il livello di calpestio della Via Sacra risultò innalzato ed uniformato per superare i due clivi ed il suo tracciato da curvo divenne rettilineo. Nerone voleva che la sua nuova domus ricalcasse la reggia di Alessandro Magno e la Via Sacra ebbe la stessa ampiezza di metri 29,6 che aveva la via più importante di Alessandria d'Egitto. Alcune case private che erano bruciate sul lato verso il Palatino furono sicuramente espropriate e le loro macerie utilizzate per riempire i dislivelli della nuova via che alla fine ebbe sui lati dei portici che si sviluppavano fino all'atrio della nuova domus.
di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 27/09/2020)