Battaglia di Pidna – 168 a.C.
La battaglia di Pidna, combattuta nel 168 a.C., fu lo scontro decisivo della terza guerra macedonica ed epilogo del confronto tra Roma ed il Regno di Macedonia di cui segnò la fine. Alcuni fatti rendono questa battaglia emblematica ed unica; la sua breve durata di appena due ore, il confronto tra due strategie militari e due tecniche diverse di combattimento, i fattori ambientali e naturali e soprattutto le conseguenze per l'assetto geo-politico del bacino del Mediterraneo.
Il giorno della battaglia di Pidna è oggi ricordato come il 22 giugno 168 a.C., all'inizio dell'estate ma nei primi resoconti veniva indicata una data diversa; secondo quanto riporta proprio Tito Livio l'anno era il 594 Ab Urbe Condita ed il mese era settembre; la differenza di oltre 60 giorni è data dal non allineamento del calendario romano prima degli aggiustamenti che vi fece portare Giulio Cesare. L'individuazione del giorno esatto della battaglia è stato peraltro facilitata dalla notizia, testimoniata da molti storici ed annalisti, che nel giorno della battaglia si verificò una eclissi di luna.
Nella notte tra il 21 ed il 22 giugno i soldati videro che nel cielo la Luna sembrava “divorata” dal male, tanto che si diceva “Luna laborat” per liberarsi dagli influssi malefici che tentavano di divorarla e, come racconta Plinio, i soldati secondo la consuetudine "si misero a battere oggetti di bronzo e alzarono verso il cielo tizzoni e torce in grande quantità" per aiutare la Luna a scacciare il maleficio. Fu allora che intervenne Sulpicio Gallo e spiegò loro che si trattava di un fenomeno naturale e che non era portatore di alcun presagio, riportando così la quiete nell'accampamento e gli auspici di successo.
Pidna era una cittadina costiera della Tessaglia, di fronte al Golfo di Salonicco a lungo contesa fra ateniesi e macedoni finchè non fu annessa da questi ultimi, qui aveva posto l'accampamento del suo esercito Perseo dopo la ritirata a cui lo aveva costretto Publio Scipione Nasica, luogotenente di Lucio Paolo Emilio, che con un contigente di 8.000 legionari, 200 cretesi e 1.200 cavalieri aveva sbaragliato i macedoni che aspettavano negli accampamenti montani, privando così l'esercito di Perseo delle forze della sua retroguardia.
Nello scontro in questione gli eserciti erano guidati rispettivamente dal console Lucio Emilio Paolo e dal re Perseo; il grande interesse che gli storici hanno per questa battaglia deriva dal confronto che vi si ebbe tra due modalità diverse di “fare la guerra”, tra la falange macedone e la legione romana ...
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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 27/08/2018)