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Il sale della civiltà


Durante il regno di Anco Marzio una parte della paga dei soldati era data in sale da cui deriva il termine salario.
Plinio il Vecchio sosteneva che non è possibile concepire una vita civilizzata senza la produzione e l’uso del sale, infatti la necessità di sale si sviluppò a partire dal Neolitico col diffondersi dell'agricoltura. Le popolazioni stanziali che vivevano dei frutti vegetali avevano bisogno di sale perché la loro dieta ne era povera, ma soprattutto avevano necessità di poter conservare a lungo gli alimenti deperibili come la carne e il pesce: la salatura fu la tecnica che le popolazioni costiere del Mediterraneo adottarono.
In età pre-protostorica si producevano limitate quantità di sale facendo bollire l’acqua di mare sino ad ottenere i cristalli di sali, ma ben presto si giunse ad una produzione più intensiva con le grandi saline ad evaporazione solare.
Nel X secolo a.C. i Veienti controllavano il Campus Salinarum che si travava lungo il tratto di costa alla destra della foce del Tevere; la grande ricchezza che arrivava dal commercio del sale fu uno dei motivi delle guerre tra Veienti e Romani che già nel VII secolo a.C ne conquistarono il controllo.

Il sale arrivava a Roma lungo il fiume ma anche via terra lungo la strada Campana – che derivò il suo nome proprio dal Campus Salinarum - trasportato su carri che arrivavano direttamente nel Foro. Le saline erano degli stabilimenti, molto simili alle saline moderne, dove lavoravano schiavi e liberti – le loro tombe sono state rinvenute nel 2008 nella necropoli di Malnome – sotto il controllo dei conductores.
Nell'area dell'aeroporto di Fiumicino scavi archeologici stanno riportando alla luce le canalizzazioni, le vasche di evaporazione e le infrastrutture produttive che erano il cuore del campus salinarum Romanarum; negli scavi è stata anche ritrovata un'epigrafe dei due conductores del campus salinarum di Ostia Antica con una dedica a Nettuno.

Nell'età imperiale le principali saline appartenevano all'imperatore che le dava in affitto; le saline più piccole avevano proprietari privati che però non potevano vendere al pubblico, ma solo all'appaltatore delle saline imperiali. I Romani costruirono strade proprio per il commercio del sale: tra esse una delle principali era la via Salaria che collegava le saline del Piceno (Castra Truentinum) a Roma; la strada lunga 138 miglia attraversava l'Appennino e, a metà del percorso antico, è ancora visibile – in località Masso dell'Orso - la pietra miliare che indicava il milium LXVIII. La pietra miliare di forma cilindrica poggia su una base quadrata che indica l'altezza totale del cippo a m. 2,30 e riporta l'incisione "IMP. CAESAR. DIVI..... F. – AUGUSTUS (COS. XI). TRIB (U. POTEST. VIII. EX. S. C.) LXVIIII." commemorativa dei lavori di manutenzione fatti dal curatores viarum.

I romani avevano una considerazione alta di tutto ciò che era indispensabile alla vita, così anche il sale come l'acqua aveva un valore sacro e veniva utilizzato nelle offerte votive agli dei. Il sale per la sua virtù purificatrice era usato nei sacrifici, in particolare prima di uccidere la vittima ne veniva cosparsa la testa di una mescolanza di sale farro ed acqua detta mola salsa. La mola salsa veniva preparata dalle Vestali, poteva anche essere cotta come una focaccia e dopo averla offerta alla divinità era distribuita in piccoli pezzi ai credenti, quale atto di purificazione.





di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 01/04/2015)